Pubblicato il 24 Settembre 2018 Il 28, 29 e 30 settembre a Bologna, in Piazza Maggiore, si terrà la decima edizione del Festival Francescano e, come ormai fa da qualche anno, Opera San Francesco sarà presente con un suo gazebo dove, ad accogliere i visitatori, penserà un gruppo di volontari. Tra questi c’è Aurelio che avrà il compito di raccontare la propria esperienza all’interno di OSF e quindi anche la storia dei suoi servizi. “Sono molto orgoglioso che mi abbiano scelto per questo impegno. È la prima volta per me al Festival, sono curioso di conoscere le altre realtà francescane e di vedere come reagisce la città a questo evento che, senza sembrare irriverente, considero un’eccellente opportunità di “marketing spirituale” tesa comunque a ricordare che, per poter trasmettere e promuovere il proprio credo, ognuno di noi dovrebbe innanzitutto impegnarsi a conoscerlo e a testimoniarlo nella pratica quotidiana. In questa tre giorni bolognese, so che cercheremo volontari, accetteremo donazioni, ma soprattutto parleremo di noi, di Opera e della nostra esperienza all’interno dei Servizi.” Aurelio ha 65 anni ed è entrato in OSF dal giorno dopo essere andato in pensione. Nel suo passato da informatico ha lavorato in grandi aziende, molto spesso all’estero. “Quando ero a Milano, passando per Corso Concordia, vedevo la fila alla Mensa e mi chiedevo cosa ci fosse dietro quel cancello. Un po’ era curiosità, un po’ il desiderio di fare qualcosa di buono. Ogni volta mi ripromettevo che se mai avessi fatto volontariato, lo avrei fatto lì.” “Dopo aver consegnato la domanda ho dovuto aspettare un po’ prima di diventare davvero un volontario. La prima esperienza è stata nella distribuzione de IL PANE DI OSF nel gazebo di Pavia e mi è piaciuto moltissimo. All’interno dei Servizi sono entrato solo mesi dopo iniziando dalle Docce e Guardaroba, dove sono rimasto 4 mesi. Le Docce sono il luogo dove riscopri il valore della schiettezza e della sincerità che devi avere con i nostri ospiti: qui infatti gli uomini “si mettono a nudo”, letteralmente, e rapportarsi a loro non è sempre facile. Un turno di volontariato è gestito da 7 o 8 persone ognuna con un compito diverso che spesso ti permette di instaurare una relazione con l’ospite, non sempre. Essendo “uomo di vasca” a me toccava sollecitare gli ospiti e quindi, a volte, gestire qualche attrito. Alla fine, quei turni potevano risultare pesanti, ma mai deludenti o, addirittura, inaccettabili.” “Poi è cominciata la nuova esperienza in Mensa. Il lunedì a pranzo siamo un gruppo affiatato. Ci rincorriamo con messaggi WhatsApp, ci sentiamo e frequentiamo anche al di fuori di Opera San Francesco. Ogni giorno, tra i circa 1.300 ospiti che serviamo a pranzo, ci sono persone di ogni tipo: gli anziani soli, i silenziosi, quelli che ti sorridono, quelli che cercano di stabilire contatti, ma trovi anche i furbi e, come in ogni altro luogo, qualcuno scortese e fors’anche un po’ arrogante. Per nostra fortuna, sono veramente pochi. Quando il primo giorno di Mensa sono tornato a casa, i miei figli mi hanno chiesto: “Allora? Come è ‘sta mensa?”. Parlandone e ripensando alla dignità di chi viene in OSF, io mi sono commosso. Un episodio che ricordo con piacere? Uno dei miei primissimi giorni di servizio a Mensa, un uomo di fede musulmana mi ha detto: “Dirò ad Allah di guardarti.”. Mi è sembrato magnifico.