Pubblicato il 27 Aprile 2020 Mentre scrivo queste righe sono al penultimo giorno di “bis-quarantena” vissuta con la mia comunità religiosa. Vent’otto giorni di isolamento in convento, con l’orecchio teso a cogliere le voci dei nostri ospiti. Sento anche da qui la fatica dei volontari, colgo negli occhi che incrocio dalla finestra un po’ di tensione e di preoccupazione: i nostri ospiti incominciano a essere stanchi. Siamo stanchi noi che siamo chiusi “in casa”! Come potrà sentirsi chi è chiuso “in strada”? Tutti parlano adesso di fase due: bisogna ripartire. Cosa significa questo per noi di Opera San Francesco? I servizi vitali di OSF per la verità non hanno chiuso. Le Mense hanno continuato a offrire un pasto nella modalità d’asporto, le Docce a garantire l’igiene personale minima. L’Area Sociale ha cercato di dare assistenza alle persone in carico tramite il telefono e i media. Il Poliambulatorio ha garantito le visite non differibili e, per le diagnosi urgenti, ha accolto tutte le persone che si sono presentate. E sono state tante. Abbiamo chiesto aiuto per i presidi sanitari di cui avevamo disperatamente bisogno, e la Provvidenza non ci ha abbandonato: ci hanno soccorso i volontari straordinari, la Protezione civile, il Comune, l’Amsa, tanti donatori privati, anche stranieri, tante Aziende si sono fatte vicine. Adesso ai volontari e agli operatori di OSF stanno arrivando nuove richieste di aiuto. Infatti i nostri ospiti che ritirano il sacchetto nelle mense ci chiedono di poter tornare a mangiare a tavola “da cristiani” e in molti non trovano più gli spiccioli per ricaricare il telefono, per comprare qualcosa al supermercato, per pagarsi il dormitorio pubblico, per prendere la Tachipirina in farmacia… I pazienti che passano al Poliambulatorio, le famiglie che avevamo conosciuto durante le benedizioni delle case prima di Natale, le persone ospitate nei nostri appartamenti in Housing First o in Housing sociale incominciano a chiederci un aiuto per fare un po’ di spesa, per riuscire a pagare la rata del mutuo o l’affitto, per non farsi tagliare acqua luce e gas, per poter affidare i bambini a qualcuno sperando di riprendere a lavorare, per non fare debiti che poi hanno paura di non poter ripianare… Come può rispondere OSF al dopo emergenza Covid-19? Prima di tutto incontrando, con modalità diverse, le singole persone che ci frequentano e che ci stanno chiedendo aiuto, dedicando loro del tempo, chiamandoli per nome, ascoltando le loro storie e i loro bisogni. Vogliamo rassicurarli: Fra Cecilio direbbe a ciascuno che Dio non abbandona mai e che in Gesù ci indica la via della speranza e della carità fraterna. Vogliamo andare oltre una identità cartaceo-magnetica verso una più profonda identità relazionale, personale, nella quale coinvolgerci con la testa e il cuore, per identificare insieme i bisogni e cercare le risposte possibili. Stiamo studiando le modalità per andare incontro, con soluzioni diversificate, ai bisogni immediati delle persone che abitano la “casa di OSF”. Vorremmo quanto prima accogliere di nuovo seduti a tavola i nostri ospiti: occorre coniugare il dovere di non lasciare nessuno dei 2.200 ospiti senza pasto con la necessità di ottemperare alle norme anti-contagio. Intanto continueremo a migliorare la qualità del cibo da asporto che stiamo distribuendo. Vorremmo riaprire il servizio guardaroba, consentendo alle persone in difficoltà di sentirsi pulite, sempre rispettando tutte le indicazioni sanitarie. Per questo abbiamo bisogno della capacità di ascolto, della empatia e della creatività dei nostri dipendenti e dei nostri volontari, abbiamo bisogno del sostegno di tutti i nostri benefattori e delle aziende che ci hanno aiutato e ci aiuteranno ancora. Ripartiamo ma non per tornare a fare le cose di prima nello stesso modo. Se così fosse, non avremmo imparato nulla da questa pandemia che ha travolto il mondo intero. Ci vorrà del tempo, importante è imboccare la strada giusta, insieme. Ripartiamo, ma, come ci ha ricordato Papa Francesco, non selezioniamo le persone, non scartiamo i più poveri, non facciamoci colpire dal virus ancora peggiore dell’egoismo indifferente! fra Marcello Longhi