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La Mensa di piazzale Velasquez apre alle 11:15 ma già una mezz’ora prima si crea la fila fuori. Specie in questi ultimi mesi, il numero di persone che vengono a consumare il pranzo in OSF (questa mensa è chiusa per cena) sono numerosissime. Si sono superate le 450 presenze quotidiane.

Emanuele, volontario

È una giornata di fine marzo, c’è un bel sole ma fa freddo. Prima di poter entrare e mangiare qualcosa di caldo occorre aspettare anche 20 minuti. E fai in tempo a congelarti. Appena varchi il cancello di ferro c’è Emanuele che ti sorride e dà a tutti il benvenuto. Così facendo nessuno si infastidisce se gli viene provata la febbre o se gli si fa notare che non indossa la mascherina o che la tiene in modo “alternativo”. Se poi la mascherina è lurida – e accade spesso – prontamente il volontario Emanuele te ne dà una nuova. Se sei un bambino, ti regala anche una caramella o un cioccolatino e intanto fa 4 chiacchiere in spagnolo maccheronico. Sì perché in questa zona i sudamericani sono molti e lo spagnolo si sente parecchio parlare tra gli ospiti.

Mentre siamo in fila arriva pure un gruppo di 5 ucraini: un uomo non più giovane e delle donne insieme a dei bambini. Hanno una coccarda con i colori della loro bandiera spillata sulla giacca a vento. Non parlano italiano né inglese. Non hanno voglia di parlare, ringraziano e aspettano solo di mangiare. Una loro connazionale che vive e lavora in Italia da anni invece è agitata e si assicura che nessuno la fotografi perché teme le ripercussioni una volta tornata in patria, lo dice lei stessa.

Qualcuno arriva con dei cani e li “parcheggia” in cortile prima di andare a sbirciare cosa passa il convento. Su una lavagnetta infatti fra Andrea – il responsabile del Servizio – ogni giorno scrive il menù: minestrone di verdure, sgombro al forno, fagiolini, 1 arancia, 2 panini, acqua e buon appetito! Questo martedì va così. Ci sono persone che si affacciano e se i piatti non sono di loro gusto, se ne vanno; altre invece entrano belle soddisfatte.

Emanuele, 59 anni, che fino a 1 anno fa lavorava in una nota agenzia pubblicitaria, conosce molti dei volti in fila. Tanti vengono ogni giorno e quindi c’è una certa famigliarità: nomi, curiosità, stranezze di un microcosmo tutto particolare.

Ogni tanto qualcuno esce dalla fila per andare a cercare fra Andrea e informarlo di chissà quali novità, oppure cerca di fregare il posto a un altro e si creano dei piccoli malumori, ma è raro. E proprio oggi è successo che dopo un battibecco, un ospite si sia pentito e abbia chiesto scusa ai volontari per aver alzato la voce: “Sai, per te non è niente, a noi invece con la vita che facciamo, poi ci dà fastidio tutto. E se uno mi passa davanti, e ho fame, mi arrabbio. Ma io sono uno mite, non è roba per me, quindi scusa.”

C’è pure qualche coppia di vecchietti italiani che viene qui per risparmiare 4 soldi e magari parlare con qualcuno.

Manca poco all’una e a breve la Mensa chiuderà: quasi a tempo scaduto arriva James, viene spesso in OSF a mangiare. È di Rimini, ha 19 anni e da quando ne ha 15 è scappato di casa e vive per conto suo. Ora dorme in Ortles e si mantiene facendo giocoleria in giro. Oggi dice che è una buona giornata perché qualcuno gli ha dato 20 sterline. Le metterà da parte per fare il cammino degli dei, partirà tra poco. Sembra un po’ perso, nel suo mondo. E non è l’unico forse qui in fila a sentirsi così. Ma per accedere alle Mense di OSF non occorre rispondere ad alcuna domanda, né avere alcun requisito. Se non la fame. Si fa la fila, si entra e si mangia.

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