Pubblicato il 27 Aprile 2022 Tra le tante cose belle che posso vivere nel mio servizio in Opera San Francesco prediligo l’incontro con gruppi di giovani che, in quanto minorenni, non possono fare servizio a contatto con i nostri ospiti ma solo pranzare o cenare con loro accompagnati dai loro educatori. Spesso sono Scout, ma anche genitori che vengono in Mensa con i loro figli perché aprano gli occhi su un’altra realtà… Prima di mettersi in fila per entrare in Mensa ci incontriamo e cerchiamo di individuare insieme le ragioni profonde del loro gesto: “Perché volete condividere il disagio dei nostri ospiti in povertà? A cosa serve stare male per loro?” A volte cala un silenzio imbarazzato, un po’ sofferto. “Perché sono persone…perché un giorno potrebbe capitare anche a me…perché anch’io ho sbagliato e mi è stata data una seconda possibilità…perché Gesù lo faceva…perché aiutare mi fa stare bene…” Ancora una pausa di silenzio: “Per amore!” Dietro ogni risposta un volto, due occhi sinceri di un ragazzo, di una ragazza che cercano una risposta credibile, al sicuro da ogni possibile imbroglio e da ogni smentita giustificata dalle ragioni di parte. Non possiamo negare che aiutarci per amore ci fa stare bene nel profondo, ci fa sentire in armonia con la nostra identità più intima, è il modo più umano per esprimere il nostro istinto di sopravvivenza. Oso pensare che le più brutali malvagità siano il tentativo orribile di cancellare questa identità intima, che però non si sradica mai. Se vogliamo essere sinceri, dobbiamo ammettere che siamo in grado di distinguere il bene dal male! Per questo mi stupisce e mi dà gioia vedere che tra molti giovani è forte il desiderio di farsi vicini, di conoscere, di ascoltare, di prendersi cura, di condividere lo stato di vita delle persone che portano ferite e che non possono far finta di non vedere. Mi sembra di leggere nei loro occhi la soddisfazione di sentirsi vivi in questo modo! È la stessa soddisfazione di stare al mondo che ritrovo nel sorriso dei nostri volontari, dei nostri dipendenti quando li sento dire, con modestia: “Qualcosa di buono oggi l’abbiamo fatto”. Ci fa sentire vivi nel modo giusto sapere che grazie al sostegno di voi donatori stiamo aiutando le vittime della guerra, che continuiamo a prenderci cura dei bisogni quotidiani dei nostri ospiti. Aiutare a vivere ci piace, questa sì è vita! fra Marcello Longhi