Pubblicato il 24 Febbraio 2023 Una nonna molto intraprendente e decisa ha convinto la nuora a portare le due nipoti ancora piccole a mangiare in mensa: “Le bambine devono imparare che esiste anche un altro mondo, quello dei poveri… Altrimenti non capiranno mai la fortuna che hanno!”.La più grandicella vede un’altra bambina seduta a un tavolo di fianco al suo. Si gira verso sua mamma e le chiede: “Posso andare a salutarla?”. “Ma certo!”, le risponde. Le due bimbe si guardano per un attimo, si sorridono, ma ciascuna continua a mangiare al suo posto. Forse hanno avuto l’una “vergogna” dell’altra… ma si sono salutate con gli occhi che sprizzavano gioia.Dopo essermi gustato questa scena, giro piano piano lo sguardo attorno. Vedo un ragazzo magrebino con la faccia appoggiata alle braccia incrociate sul tavolo: ha due grandi occhi neri, fissi, tristi. Nel tavolo dietro tre uomini forse senegalesi discutono animatamente, immagino nel loro dialetto: nei loro occhi c’è tanta amarezza che a momenti si tramuta in rabbia focosa. Continuo nel mio giro e vedo una giovane donna sola, con due occhi piccoli, chiari, persi nel vuoto. E poi c’è Walter che parla e ride da solo mentre sembra rivolgersi a qualcuno al di là del plexiglass… ma il posto davanti a lui è vuoto. Incrocio lo sguardo di un ospite che ha due occhi particolarmente brillanti, quasi estatici: mi accorgo che forse ha bevuto un po’ prima di venire in mensa. Prima di tornare a parlare con la mia supernonna e la sua supernuora, colgo un brandello di discorso, in un italiano stentato e sommesso, fatto da un giovane, forse dell’est, che sta dicendo al suo dirimpettaio che “Ancora pochi euro e via!”. Nei suoi occhi leggo la speranza vivida di poter presto migrare al nord… immagino su qualche pullmino dei passeurs. Dopo aver salutato nonna, nuora e nipotine, torno nel mio ufficio. Ma non riesco a distogliere il pensiero da quegli sguardi. In quegli occhi ho letto gioia e voglia di amicizia, smarrimento e tristezza, rabbia, paura e solitudine, incoscienza, voglia di evadere dalla realtà, speranza di potercela fare da un’altra parte! Stati d’animo che hanno la carne e le ossa delle persone che si rivolgono a Opera San Francesco, nelle Mense come alle Docce, al Centro Raccolta come al Poliambulatorio e nei colloqui dell’Accoglienza. Gli occhi dei nostri Ospiti raccontano sogni di vita che caricano di responsabilità noi Frati, i Volontari e le Volontarie, i Dipendenti e tutti i nostri Donatori. Non giriamo lo sguardo da un’altra parte. Al contrario, rischiamo di alzarlo, di donarlo il nostro sguardo, di ricambiarlo anche quando quello dell’altro ci trasmette emozioni che possono farci paura, renderci tristi, coinvolgerci… Un po’ di amore, di compassione intelligente, può riaccendere una luce negli occhi di tutti! fra Marcello Longhi