Pubblicato il 26 Giugno 2024 “È impressionante tutto quello che voi di Opera San Francesco fate per le persone che vivono in povertà, ma mi perdoni una domanda che le sembrerà aridamente manageriale: quante di queste persone riuscite a riscattare dalla povertà, quante ce la fanno a tornare ad una vita normale?”.Il tono della voce e lo sguardo di questo importante dirigente mi comunicano una preoccupazione sincera, quasi sofferta, come se avesse paura che non ne valesse la pena. Certamente è abituato a giustificare ogni investimento con i necessari risultati numerici. Mi piacerebbe poter vantare numeri almeno a due cifre ogni anno, ma la misurazione dell’impatto sociale in un contesto o nello svolgersi di una singola storia personale non è riducibile ad un numero. I percorsi di rinascita delle persone che portano ferite non conoscono automatismi o scatti obbligati in tempi garantiti, spesso ci vogliono anni…Il passo più difficile, il primo e il più importante, da far fare ai nostri ospiti è recuperare la stima di se stessi, la persuasione di meritare ancora la fiducia e l’affetto di qualcuno che crede ancora in te e può darti una mano a ripartire. E lo fa solo perchè ti riconosce ancora quella bellezza umana che tu hai sepolto sotto i tuoi fallimenti o quelli della società in cui viviamo. Al mio amico dirigente potrei dire che ogni giorno in OSF i nostri operatori e i nostri volontari dei Colloqui di Ascolto dedicano tempo tranquillo per ascoltare una decina di nostri beneficiari che ci chiedono aiuto e in qualche modo vogliono ripartire.Una parte di questi colloqui evolve in una relazione più continuativa che permette di stendere un progetto personalizzato e verificabile nel tempo. In questa prospettiva si devono trovare strade alternative, creative, ci vuole perseveranza, non bisogna farsi abbattere dalle difficoltà e dalle resistenze. Sul lungo periodo i risultati sono anche numericamente apprezzabili.Va anche detto che molto spesso le persone che abbiamo aiutato a ripartire, non appena riescono a rimettersi in piedi, non amano ricordare i periodi di difficoltà e coprono con un comprensibile pudore l’aiuto ricevuto: così non li rivediamo più. C’è però chi non si vergogna di quello che ha vissuto in OSF e, come il Signor Angelo, vuole tornare a raccontare come è riuscito a costruirsi una vita bella.Quando mi sono confrontato con lui al telefono, ho intuito che la richiesta di poter festeggiare il suo compleanno venendo a fare servizio in Mensa non voleva essere solo un ringraziamento, ma anche un modo silenzioso per dire ad ognuno dei nostri ospiti: “Se ce l’ho fatta io, ce la puoi fare anche tu!”. Complimenti Angelo e grazie per la sua umiltà e il suo coraggio di esporsi!Sono sicuro che come lei sono tante le persone che sono tornate a vivere un vita buona grazie a fra Cecilio e a tutti coloro che sulle sue orme francescane continuano a dare una mano ad ogni persona, tutti i giorni, per amore di Dio e dell’uomo. Caro amico dirigente, mi piacerebbe farle conoscere il signor Angelo e la sua famiglia: ricordiamoci che “Chi salva una vita salva il mondo intero” (Talmud di Babilonia). fra Marcello Longhi