Siamo a fine luglio ma alla Mensa di Opera San Francesco in Corso Concordia c’è sempre tanta gente. Seduto a un tavolo, con un altro connazionale, c’è Aly. Parla solo francese, lo capiamo, ma per farlo al meglio ci facciamo aiutare dal suo amico e da una volontaria di OSF, Nicoletta, che conosce bene la lingua.

È un ragazzo con occhi grandi, ordinato e con un’aria un po’ triste. Ha voglia di parlare e noi di conoscere la sua storia. Aly è arrivato qui in Italia il 31 maggio di quest’anno, ricorda benissimo la data, poi capiremo il perché. È partito dal suo paese, la Guinea (Repubblica di Guinea) circa 8 mesi prima e ha attraversato altri tre paesi oltre il suo, e il mare. Prima ha passato il confine con il Mali, poi ha viaggiato lungo l’Algeria dove ha trascorso ben sei mesi, fino ad arrivare in Libia dove si è imbarcato in direzione Italia, Sicilia.

Il racconto del viaggio, soprattutto quello attraverso il mar Mediterraneo, è incredibile per noi che lo ascoltiamo: Aly è salito su uno Zodiac, un gommone, insieme ad altre 160 persone, comprese donne e sei bambini. Qui sopra è stato sedici ore, senza potersi muovere. Ricorda perfettamente le gambe paralizzate, atrofizzate, le persone ammassate contro di lui. Nessuno aveva né acqua, né cibo. Con lui c’erano persone da molti diversi paesi: Mali, Senegal, Guinea, Costa d’Avorio. Nessuno parlava però. Mentre conversa con Nicoletta in francese definisce il viaggio “l’anticamera dell’inferno”.

Ci viene spontaneo chiedergli perché ha affrontato tutto questo, che cosa l’ha spinto, da che cosa scappava. Ci risponde spiegandoci la situazione politica nella Repubblica di Guinea. Un paese che di repubblica ha ben poco: recentemente infatti il rinvio delle elezioni locali a febbraio 2018, insieme all’ipotesi di una possibile candidatura del presidente Condé per un terzo mandato, ha determinato un clima di alta tensione sociale e politica. Chi si oppone – parliamo di giornalisti, cittadini o difensori dei diritti umani – a quella che di fatto è una dittatura viene spesso arbitrariamente arrestato e torturato.

È ciò che è successo ad Aly, che era attivo politicamente e in opposizione all’attuale governo. E mentre ci racconta la sua vita in Guinea, a un tratto si blocca e ci chiede se vogliamo vedere i segni delle torture. Per questo è fuggito, per questo ha deciso di affrontare questo terribile viaggio: per avere una speranza qui in Italia. Ci dice infatti che da quando è nel nostro paese la sua vita è cambiata: nonostante lo sbarco ad Agrigento, la situazione precaria a Milano dove oggi dorme nel centro di via Corelli, Aly è fiducioso.

Ha fatto richiesta per avere la protezione internazionale e desidera soltanto che le torture subite e il viaggio al limite che ha affrontato, siano solo un terribile ricordo. Certo ha nostalgia di casa, della sua famiglia, ma nel suo futuro vede un altro paese dove vivere e lavorare. Per questo si sta impegnando: sa di dover imparare l’italiano, di doversi integrare e lavorare. Ora come ora questi li definisce i suoi più grandi desideri.

Noi non possiamo che augurargli buona fortuna e dargli una mano.