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Mi capita spesso percorrere il marciapiedi di via Kramer e poi di corso Concordia fino allo spiazzo dove si forma la fila distanziata per entrare in mensa. Lo faccio per poter incontrare i nostri ospiti che aspettano di scendere alle docce o che hanno appena ritirato il cibo da asporto distribuito in mensa. Nei giorni in cui si cominciò a parlare della fase due, mentre salutavo i nostri ospiti che mangiavano seduti sul cordolo del marciapiede, uno di loro visibilmente “pieno di spirito” mi dice ad alta voce: “Frate, vieni qui!”. Io lo guardo in volto: mascherina un po’ lercia abbassata sul mento, due occhi simpatici. Mi avvicino, e lui senza darmi scampo mi abbraccia, mi stringe forte e mi dice: “Tranquillo, io no Covid! No Covid!” e scoppia a ridere, ricoprendomi di lapilli…

Mentre mi liberavo dalla morsa, ridevo anch’io con lui e pensavo: “Ok, ci siamo: se non l’ho preso fino a oggi, adesso c’è l’ho!”.
Grazie a Dio sono risultato negativo al tampone…

Così è incominciata la mia fase due: con un abbraccio proibito ma carico di calore umano e di speranza allegra!
In quell’abbraccio a tradimento ho colto il senso e il contenuto della ripartenza dopo i giorni della paura. Siamo sopravvissuti perché qualcuno ci ha voluto bene, ci ha sostenuto, ci ha preservato, ci ha curato.

Quante volte in questi giorni mi sento chiedere dai nostri ospiti in mensa “quando torniamo a sederci e a parlare?”.
Per la nostra gente ripartire significa tornare a vivere il pranzo come momento di riposo dignitoso, di dialogo con i volontari, di scambio di racconti con gli altri tre del tavolo…

Ripartire significa potersi cambiare gli abiti dopo ormai tre mesi in cui tutti i servizi di guardaroba gratuiti sono stati chiusi.

Ripartire significa sperare di ricevere un aiuto concreto in questi tempi in cui tutti fanno fatica e la strada non ti mantiene più…
E mentre tutti sembrano preoccupati di tornare a “far girare i soldi”, i nostri si preoccupano di essere guardati ancora come persone che hanno una risorsa da offrire e non come ostacoli alla ripartenza.

Abbiamo vissuto la paura di non vederci più, di non rivedere più i nostri ospiti. Adesso vogliamo prima di tutto chiamare ciascuno per nome, vogliamo “perdere tempo” ad ascoltare le loro storie senza per questo diminuire la professionalità e la affidabilità dei servizi.

Abbiamo migliorato la qualità del nostro cibo, troveremo il modo di rimettere a tavola i nostri ospiti rispettando le norme sanitarie, troveremo la soluzione tecnica per sanificare i vestiti che ci vengono donati per poter poi riaprire il nostro Servizio di Guardaroba, garantiremo ai nostri medici del Poliambulatorio tutti i presidi di sicurezza necessari per poter riprendere le visite specialistiche e le cure odontoiatriche.

Stiamo distribuendo pacchi alimentari a singoli e famiglie che seguiamo nei nostri progetti di Housing First e Housing sociale e che incontriamo in Poliambulatorio.

Per continuare a fare tutto questo abbiamo bisogno della vostra simpatia, della vostra preghiera accorata, della vostra decisione di “stare con noi e di fare con noi”.
Ogni vostro piccolo o grande aiuto è il modo per coinvolgervi, per agire con noi. Negli sguardi dei nostri volontari e dei nostri dipendenti ci saranno anche i vostri occhi.

Ripartiamo insieme, credendo che ogni persona, anche chi vive in povertà, è una risorsa indispensabile per tutti.

firma fra marcello

fra Marcello Longhi

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