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“Grande, bellissima. Intorno, un parco di alberi stupendi. Quando vidi Villa Luce, non credevo ai miei occhi. Dentro, ampi appartamenti suddivisi perché noi ragazze avessimo finalmente la cameretta che sognavamo, dove poter attaccare il poster del divo preferito, e le mensole dove appoggiare le nostre cosine, e persino un bagno da condividere con una sola compagna di stanza. Che gioia colorare pareti e armadietti, insieme alle suore. Eravamo approdate a Villa Luce. Io ero cresciuta passando da un istituto all’altro. Persino i miei primissimi ricordi d’infanzia sono legati a questa realtà, non all’ambito familiare. Non so quali siano state le emozioni di mia madre alla mia nascita. So, però, come ha avuto inizio la mia storia. Una vedova, con tre figlie, aveva incontrato un uomo in una sala da ballo. Dalla nuova unione non voleva altri figli, ma ecco che è nuovamente incinta. Così, nel luglio del 1964, nasce una bimba, io. In istituto, da bambina, sono stata felice. Sentivo intorno a me pace e serenità. Poi, qualcosa si è spezzato. Con l’inizio della quarta elementare, incominciai a frequentare una scuola esterna e pubblica, e i nuovi compagni parlavano di cose e di figure a me sconosciute e incomprensibili: “Maestra, domenica sono venuti a trovarci i nonni, e io e la mamma abbiamo fatto una torta molto buona”, e poi mi prendevano in giro, perché dopo la scuola non tornavo in famiglia ma in istituto. Mi sentivo diversa. L’istituto non era più un ambiente ovattato e sicuro, ma un luogo di correzione, dove non stavano tutti i bambini, solo quelli diversi. Il primo trauma fu dover lasciare la mia prima casa, il collegio con le suore, che sentivo come una madre, e le compagne come sorelle: è ancora vivo in me il dolore di quel distacco. Crescevo, e con me cresceva la rabbia nei confronti del mondo. Eccomi ragazzina, governata da sensazioni destabilizzanti, da un senso di vuoto: mi sentivo defraudata da ciò che mi spettava, il calore, l’amore che solo una famiglia può dare. Giovane e ribelle, ormai vedevo l’istituto come un luogo di punizione, e le suore ne erano le artefici. Non capivo che un giorno mi sarebbero state care, con le loro parole di rimprovero se sbagliavo, di conforto se stavo male, d’amore quando ne avevo bisogno. Allora le consideravo un freno alla mia libertà e, divise dalle rispettive generazioni, credevo non mi capissero. Ma le suore sono pazienti. E quello che hanno seminato nel mio cuore ha dato i suoi frutti. Madre Carla, la mia educatrice, ha cercato il dialogo proprio come una madre fa con la figlia. Solo oggi, che sono madre anch’io, lo comprendo, e cerco di seguire gli stessi principi, trasmettendo alle mie figlie gli stessi insegnamenti. Sono orgogliosa che una di loro sia già arrivata a frequentare l’Università. Ora, a quarant’anni, nonostante tante vicissitudini, riesco a parlare della mia storia con quella serenità che nell’esperienza di Villa Luce trova salde fondamenta. E come quando ero bambina, mi sento governata dalla stessa pace interiore. Il cerchio si è chiuso, come se luoghi e cose della mia immagine del mondo si fossero ricomposti. Come ogni viaggio, anche il mio è stato un ritorno”.

Ciò che avete appena letto è la testimonianza di una donna entrata in comunità quando era solo un’adolescente e oggi ormai adulta. I suoi ricordi offrono uno spaccato dell’impegno che le operatrici e le suore del Gruppo di Betania portano avanti dal 1980. 40 anni accanto alle adolescenti che debbono affrontare gravi e drammatiche situazioni famigliari.

Lo scopo di questo quotidiano e impegnativo lavoro, è quello di dare a queste giovani gli strumenti e il supporto necessari perché possano avere, dopo aver portato a termine un progetto educativo individualizzato, le stesse chances che hanno tutte le ragazze della loro età. Le si accompagna dunque al conseguimento di un’autonomia che sia il più ampia possibile: relazionale, lavorativa, abitativa e psicologica.

Anche Opera San Francesco si impegna con la sua Area Sociale in questi ambiti ma chi usufruisce del suo sostegno sono generalmente adulti, mentre l’Associazione Gruppo di Betania si rivolge a ospiti minorenni, offrendo loro un aiuto di livello avanzato e personalizzato. Proprio per questo Opera San Francesco ha deciso ormai da tempo di essere accanto concretamente a queste ragazze fragili e a chi ha gli strumenti professionali per accoglierle e indirizzarle verso il raggiungimento dei propri obiettivi. Un supporto che copre dunque un’area di intervento in cui OSF non è al momento ancora specializzata.

Le giovani donne che sono seguite dall’Associazione Gruppo di Betania, vengono ospitate in tre strutture: Villa Luce, Casa del Sorriso e Omada, tutte hanno sede a Milano e in questi 40 anni hanno accolto oltre 1.800 giovani, con una media di 70 all’anno assistite da circa 80 operatori e altrettanti volontari. Una realtà ammirevole che vi invitiamo a conoscere attraverso il loro sito.

La testimonianza è tratta dal testo “Ciao, sono Luce. Storie di straordinaria dperanza” pubblicato in occasione dei 25 anni dell’Associazione Gruppo di Betania onlus.

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