fbpx

“Non c’è limite al peggio” ci dice il dottor Francesco Ceratti quando gli domandiamo quali siano le storie che ascolta durante i suoi turni di servizio in Opera San Francesco. È un medico legale e coadiuva i colleghi del servizio Psicologia e Psichiatria del Poliambulatorio OSF.

“Vedo quasi esclusivamente richiedenti asilo per motivi umanitari o per protezione internazionale che hanno subito violenze nel paese d’origine o nel transito per venire da noi, per esempio in paesi come la Libia di cui spesso sentiamo parlare. Il mio compito è quello di valutare le lesioni e le cicatrici che oggi presentano queste persone. Io do quello che si chiama “giudizio di congruità” rispetto a ciò che raccontano e dichiarano. E devo dire che mi è capitato raramente di non trovare riscontro. La percentuale è minima: su circa 300 persone, visitate in oltre 10 anni, solo 3 o 4 erano sospette. Il mio lavoro e il mio referto possono servire agli avvocati e agli assistenti sociali per chiedere per questi pazienti permesso di soggiorno o protezione internazionale”.

L’iter seguito in OSF prevede che chi lavora allo Sportello psicologico ascolti la storia e la richiesta del paziente e, se necessario, chieda poi il consulto del medico legale che decide se è necessaria una visita e poi redige la sua relazione.

“I casi che mi trovo a trattare sono tra i più disparati. La migrazione naturalmente è prevalentemente maschile, ma capita che ci sia anche qualche donna. Ho sentito di tutto, gente accoltellata, frustata… in genere le persone si fidano di chi lavora in OSF e raccontano senza problemi le loro vicissitudini. Anche perché arrivano a me alla fine di un percorso e quindi conoscono già l’ambiente e sono preparati. Molti richiedenti sono originari di Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio.

Ne ricordo uno, una donna, dell’Eritrea invece che mi ha raccontato un viaggio assurdo attraverso Sudan Etiopia e Libia dove ha visto uccidere il marito davanti a lei. Vittima di violenza lei stessa, portava su di sé e dentro di sé i segni di soprusi indicibili.

Accanto a storie così drammatiche però, bisogna anche dire che molti tornano per ringraziare, specie se hanno ottenuto asilo o ciò che cercavano. Ed è una bella soddisfazione riuscire a dare loro aiuto”.

Seguici sui social network