Pubblicato il 18 Novembre 2021 Dal 1959 il primo servizio di OSF ai poveri, la sua Mensa, si trova in corso Concordia a Milano. Oltre 2000 persone ogni giorno arrivano qui da tutta la città per consumare un pasto caldo. È facile quindi che nel quartiere si vedano i nostri ospiti in attesa di mettersi in fila per entrare a mangiare, oppure per usufruire delle Docce e Guardaroba lì accanto o al Servizio Accoglienza per richiedere la tessera. Negli anni gli abitanti della zona hanno mosso qualche critica per queste “frequentazioni” ma c’è anche chi ha voluto conoscere meglio la realtà di Opera San Francesco, da dentro, per capire quale sia il servizio offerto a queste persone che vedono quotidianamente nel quartiere. Uno di loro è Paolo, 56 anni, che da agosto è diventato volontario della Mensa storica di OSF, proprio quella davanti alla quale abita da quasi 20 anni. “Volevo farlo già da tempo, ma ad agosto, subito dopo le ferie, ho deciso di riprendere con il volontariato. L’ho sempre fatto per anni e visto che abito in zona, di fronte alla Mensa e conosco la realtà solo da fuori e le problematiche del quartiere, ho pensato fosse giusto mettermi in gioco in prima persona e dare il mio contributo”. Paolo volontario in Mensa Paolo, laureato in Scienze infermieristiche, lavora in un Poliambulatorio ma ora sta studiando per prendere la laurea in Psicologia. “In estate molti volontari erano in ferie e così ho avuto l’opportunità di sostituirli per 10 giorni continuativi. Poi mi è stato chiesto di continuare e ho scelto il venerdì sera per il mio turno settimanale. Il primo giorno è stato un po’ traumatico: sono tornato confuso a casa. Non ho avuto subito un’idea chiara ma dopo un mese ho capito: quello di OSF in Mensa è un ingranaggio perfetto. È una struttura che funziona anche se in realtà ognuno di noi fa poco, ma insieme permettiamo che tutto sia perfetto. Le mansioni non sono tante e nessuna è complicata o difficile. Ma è come un formicaio, ognuno fa una piccola cosa che serve. Anche un condomino di casa mia mi ha seguito e adesso fa volontariato alle Docce. E anche lui, dopo un po’ di tempo, si trova bene, come me che ora vado tranquillo e ciò che faccio in OSF mi dà soddisfazione, inutile negarlo. Certo, mi domando se ciò che faccio sia utile, se è abbastanza… ma sono contento. Mi sono messo alla prova con me stesso. In Mensa c’è una varietà umana: qualcuno è predisposto al dialogo, già solo con lo sguardo si capisce che vuole scambiare 4 parole, altri no, sono più aggressivi. Senza farmi accorgere, a volte li osservo attentamente e mi chiedo come sia possibile finire in certe condizioni. Mi chiedo se hanno dei genitori, dei figli e che cosa possano provare questi sapendoli così, soli e per strada. Poveri. Cerco sempre di immaginare che storia possano aver avuto. A me non urta la loro presenza, nemmeno nel quartiere. E non amo chiamarli ultimi”.