Pubblicato il 24 Aprile 2022 “OSF è presente in famiglia da sempre, sia mio papà che mia mamma seguivano Opera. Il suo nome è sempre “risuonato” in casa nostra. Prima ancora di andare in pensione – Giulio Sacchi ora ha 69 anni – ho fatto domanda per entrare a far parte dei medici volontari del Poliambulatorio nel 2015. Io sono specializzato in malattie del fegato e ricambio e in medicina interna e ho svolto la mia attività sino al pensionamento, come medico ospedaliero. Quel che ho apprezzato da subito qui è l’essere parte di un servizio ambulatoriale con molti colleghi e quindi molte specialità: questo ti dà la possibilità di scambiare pareri, opinioni e consulti. Io qui ho imparato anche a fare il medico di medicina generale ed è sempre un bello stimolo apprendere qualcosa di nuovo e confrontarsi con i colleghi. Altro plus in OSF è l’organizzazione: come dico sempre, è migliore di quella che può esserci in un ambulatorio ospedaliero. Tutto si basa sulla collaborazione del personale, che io chiamo il tessuto connettivo dell’ambulatorio perché sono loro che giustamente, essendo qui tutti i giorni presenti, hanno la situazione sotto controllo, conoscono i pazienti, gli altri colleghi. Generalmente i pazienti del Poliambulatorio sono soddisfatti del servizio offerto, forse ciò che manca loro talvolta è il rapporto continuo tra medico e paziente, nel senso che chi arriva trova il medico che è di turno quel giorno e non sempre lo stesso. Questo per i medici generalisti, ovviamente, mentre vengono seguiti più personalmente i pazienti che si rivolgono agli specialisti o quelli che fanno parte di progetti specifici come il Progetto fragili di cui sono il medico referente. Un progetto in evoluzione a cui do il mio contributo da 4 anni. Si tratta di seguire da vicino e quasi quotidianamente pazienti ad alto carico assistenziale. Dunque non è solo un progetto sanitario perché coinvolge assistenza psicologica, odontoiatrica, farmacologica. Tra chi vi partecipa il 70 per cento circa sono maschi, il 49 per cento è italiano. Dal 2018 al 2020 abbiamo seguito circa 400 persone: si era partiti da un certo tipo di pazienti per poi andare più a fondo e arrivare a seguirne qualcuno a domicilio e ospitare qualche paziente più compromesso in strutture apposite – dove dormono – per poi essere seguito e accompagnati in tutto e per tutto dal personale di OSF. Per esempio vengono presi e portati al Poliambulatorio se hanno bisogno di esami o visite o accompagnati in altre strutture della città in rete con OSF o negli ospedale se vi è la necessità. Molti tra loro sono senza fissa dimora: se li agganci, se hai un rapporto diretto con loro, se scatta empatia, il paziente si ripresenta e difficilmente ci abbandona. Durante la pandemia il Poliambulatorio è sempre rimasto aperto per tutti i richiedenti, rimodulando le modalità di accesso e in osservanza dei provvedimenti sanitari emessi, e ovviamente ancor di più per questi pazienti particolarmente fragili. È molto difficile che i pazienti escano dal progetto, se qualcuno esce è perché verrà assistito altrove”. Dal 1° febbraio il Dottor Sacchi è il collaboratore medico della Direzione sanitaria: coadiuva la dottoressa Seccia direttrice sanitaria e nel frattempo continua a seguire il Progetto fragili e il suo ambulatorio di malattie del fegato. “Tra le novità positive in atto – conclude il dottore – stiamo creando un rapporto sempre più stretto tra il Poliambulatorio e l’Area Sociale per attivare progetti individuali volti all’integrazione sociosanitaria”.