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Giuseppe è un uomo minuto, con la barba bianca. Alle docce dove lo incontriamo si è appena lavato:
“Se non mi lavo da un po’, la gente mi scansa, è normale. Non ho un bell’aspetto. Però, nonostante tutto, anche durante il lockdown me la sono cavata, non so come. Forse perché faccio pena, la gente mi aiuta. Certo, non devo pensarci al fatto che faccio pena”.

È nato a La Spezia, 71 anni fa: “Sembro più giovane secondo me perché non ho la pancia”. Ci racconta di aver viaggiato molto: Parigi, Spagna, Portogallo. “A Milano sono arrivato solo da poco, ora vivo in Vittor Pisani, in Stazione, lì ho il mio giaciglio. Nell’84 sono entrato in depressione e non sono più uscito di casa per parecchi anni, credo fino al ‘99. Allora ero in Italia, a La Spezia, a casa mia. Poi sono andato a Tenerife quando le cose si sono messe male ma anche lì ero un barbone.

Non chiedevo niente a nessuno ma la gente mi ha sempre aiutato. Da vent’anni sono per strada, sono tantissimi. Forse però non ho perso ancora la ragione, questo mi fa piacere. E non ho paura, nonostante sia cosciente dei pericoli a vivere come faccio io”.

Della sua gioventù ci dice poco: “Mi piaceva molto studiare, amo leggere filosofia e storia e soprattutto storia dell’arte. Sono perito meccanico, pensavo da giovane di lavorare nell’industria, mi affascinava. E di fatto qualcosa nell’industria petrolifera ho fatto e sono stato in Egitto e in Libia dove guadagnavo anche bene. Ma era molti anni fa”.

“Qui in OSF vengo da luglio e ho incontrato molta umanità. Il futuro? Ci penso al futuro, anche se sto così. Mi piacerebbe ricevere la pensione, anche la minima. Ma non ho vissuto gli ultimi 10 anni in Italia e quindi non mi spetta, dice lo Stato. Sarebbe bello potersi permettere qualcosa, tipo un caffè al giorno. Ma se penso alla mia vita, comunque non ho rimpianti. Sono stato molto fortunato forse, ma non me ne sono accorto, ora è il tempo della malasuerte, come dicono gli spagnoli”.

“Sai cosa mi manca? Sono vent’anni che non leggo un giornale, non posso permettermelo”.

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