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Abbiamo parlato spesso dei progetti di Housing First e Housing Sociale che OSF sviluppa avendo a disposizione diversi appartamenti a Milano, dove sono ospitate persone singole senza dimora o in grave difficoltà abitativa e nuclei familiari in grave difficoltà (economica, relazionale, lavorativa). I nuclei familiari includono nella maggior parte dei casi figli minori e per questo motivo da metà del 2022 è stata inserita all’interno dell’equipe (formata da due educatori, una assistente sociale, una psicologa – psicoterapeuta e una psichiatra) una educatrice con un focus sulle dinamiche famigliari e sulle competenze genitoriali a tutela dei minori.

Essere genitori, infatti, è difficile, specie in un paese straniero.

“Ciò a cui puntiamo con questo nuovo inserimento – ci spiega Tamara, responsabile dell’Area Sociale di OSF – è un’integrazione delle competenze della nostra equipe multiprofessionale che risponde ai bisogni diversificati delle famiglie e di tutti i beneficiari. Il case manager, responsabile delle singole progettualità, si coordina con gli altri professionisti e servizi presenti in OSF per costruire insieme ai beneficiari progetti il più possibile su ‘misura’”.

Al momento sono 6 le famiglie con figli minori che prendono parte al progetto, ad oggi tutte straniere.

Quest’ultimo aspetto ha aperto nuove riflessioni all’interno dell’equipe e ha posto l’attenzione su diversi temi molto delicati: trauma migratorio, identità, integrazione, essere genitori e figli in terra straniera.

Cosa fa un’educatrice, in che modo l’intervento educativo può sostenere la genitorialità? Noi lo abbiamo chiesto a Gabriella che da aprile lavora nell’equipe di OSF e ha in quest’ambito circa 13 anni di esperienza. “Ciò che faccio è affiancare i genitori nella quotidianità, ponendo attenzione a quelle che sono le relazioni famigliari, quindi relazioni genitori figli, in un’ottica di ascolto e non di giudizio.

Vengo presentata ai genitori dall’equipe come un’educatrice con una formazione specifica sul percorso di crescita dei bambini.

L’incontro di presentazione è un momento molto delicato, viene preparato con grande cura, tutti gli operatori dell’equipe concorrono a favorire “un passaggio di fiducia” che permetta alla famiglia di comprendere il ruolo dell’operatrice all’interno del progetto e in relazione ai bisogni legati alla crescita dei figli. L’intervento a sostegno della genitorialità si basa prioritariamente sulla costruzione della relazione di fiducia tra tutta l’équipe, la nuova educatrice e la famiglia. E’ un incontro tra persone, storie, culture e si realizza presso il loro domicilio.

Il compito di entrare nelle case richiede tempo, rispetto e pazienza: è un luogo intimo, personale, per questo è fondamentale procedere con gradualità, andando incontro a quanto la famiglia è pronta a condividere. Tutti gli operatori dell’équipe, infatti, operano in questo modo indipendentemente dalla loro formazione e dal ruolo in équipe.

Una delle richieste più forti che i genitori esprimono è la richiesta di aiuto nella relazione con la scuola, con gli insegnanti e nella gestione dei compiti, ma con il tempo e la condivisione di momenti quotidiani i temi si diversificano: vengono ricordati aspetti e tradizioni legati alla crescita dei figli nel proprio paese; vengono ricostruiti passaggi di crescita dei figli, attraverso i quali si condividono i punti di forza e si comprendono gli aspetti su cui sostenerli o in specifiche situazioni quale tipo di aiuto/supporto attivare.

Gli interventi pongono attenzione al confronto con la coppia genitoriale anche se spesso la presenza nella quotidianità è data dalla figura materna. In questi primi mesi ci si è soprattutto concentrati sul creare continuità nella relazione a casa con la famiglia. Inizialmente andavo una volta al mese perché forti sono i sentimenti di diffidenza e paura, che si mitigano quando viene compreso e vissuto che la mia presenza non è stata proposta dall’équipe per giudicare se sono buoni o cattivi genitori, ma si tratta di un sostegno con il quale confrontarsi e condividere aspetti della crescita dei figli.

Con il tempo siamo passati a visite una volta ogni 15 giorni, ora in diversi casi la mia presenza è settimanale. Un altro tema ricorrente è legato alla difficoltà di essere genitori, ancora di più quando si è lontani dalla propria famiglia di origine e in un paese straniero. Per questo il progetto si avvale dell’aiuto di mediatori linguistico-culturali che, attraverso l’introduzione della lingua di appartenenza e la codifica di codici culturali, favoriscono una comprensione empatica e la possibilità di mettere in relazione due mondi (quello di origine e quello di accoglienza).

Tutte le azioni del progetto Housing Sociale sono volte a sostenere e rinforzare le risorse delle famiglie accolte. Nell’ambito dell’intervento a sostegno delle competenze genitoriali, la condivisione della quotidianità al domicilio rappresenta uno spazio privilegiato dove il “fare insieme” contrasta il senso di solitudine, incertezza ed insicurezza che l’essere genitori a volte porta con sé”.

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