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Da maggio OSF, e in particolare il suo Servizio Accoglienza, fanno un passo in più per capire e conoscere meglio i propri ospiti e quindi le loro necessità. I volontari di questo servizio infatti hanno iniziato a proporre colloqui conoscitivi alle persone che si recano allo sportello per avere la tessera di Opera San Francesco.

Ne abbiamo parlato con Duilio, 63 anni, da qualche tempo in pensione dopo essere stato amministratore delegato di un’industria chimica. Ha intrapreso la sua esperienza all’Accoglienza della Mensa di piazzale Velasquez e, dopo 2 anni, è passato a quella in Kramer. “Sono contento di essere nella sede principale perché qui ci sono tutti i servizi e abbiamo modo di confrontarci anche con l’Area Sociale. Io conosco bene inglese e spagnolo ed è utile per fare questo tipo di lavoro, specie in Velasquez dove peruviani e venezuelani sono molto numerosi.

I nuovi colloqui sono un’ottima idea: prima seguivano una sorta di check list, molto burocratica che non dava spazio a creare un rapporto. Questa nuova “traccia” invece facilita il dialogo e quindi la comprensione dei bisogni dell’utente. È anche un salto in avanti per il volontario che si sente più motivato e utile. Io considero già un privilegio svolgere volontariato in Accoglienza rispetto ad altri servizi, perché c’è un vero contatto con chi ci chiede aiuto.

Ho parlato con 4 persone sino adesso: non fanno statistica, è solo l’inizio ne sono consapevole, ma mi sembra che sia la strada giusta. Se ci si sa porre, l’ospite si sente a suo agio e ne ha solo benefici. Quel che facciamo è proporre il colloquio a chi viene per la prima volta, certo devono averne voglia o necessità ed è meglio che parlino una lingua come italiano, inglese. Consigliamo il colloquio soprattutto per accedere ad altri servizi come l’orientamento lavoro, o l’assistenza sociale. Ora questo servizio è attivo 2 ore tutti i giorni, dalle 11 alle 13, ma speriamo di poter estendere sino a 4 ore di colloqui, ogni volta che è aperta l’Accoglienza.

Come è strutturato? Si parte da alcuni aspetti anagrafici e domande come: da quanto tempo sei in Italia, hai la residenza? Dove vivi? Per ora non mi è capitato nessuno che viva per strada ma molti hanno situazioni abitative ambigue, e non è facile farsele spiegare perché temono che il nostro sia un controllo.

Ho parlato con un uomo del Pakistan qualche giorno fa che mi ha raccontato di essere venuto qui a piedi in 3 mesi. Chissà se è vero, incredibile.

Ciò che denunciano in tanti è la mancanza di strutture per dormire, soprattutto dopo il covid, anche se poi, in realtà, quando ci sono, non ci vogliono andare. Temono furti e il fatto di sottostare alle regole. Mi sono accorto, svolgendo il mio volontariato, che categorie che prima se la cavavano, come badanti e manovali, ora hanno difficoltà. Spesso poi sono riluttanti a parlare dei loro problemi ma lo fanno solo in modo generico. Insomma, per stare qui allo sportello, bisogna essere anche un po’ psicologi.

A mio parere, la prossima mossa da fare è quella di organizzare in OSF dei corsi di lingue, sono necessari per sopravvivere, per farsi capire, per la burocrazia. Spesso chi arriva da noi lo fa senza sapere una parola di italiano con il solo aiuto del traduttore del telefonino. Credo poi che il profilo medio dei volontari sia perfetto per questo lavoro e non dovrebbe essere difficile creare un “corpo insegnanti”.

Comunque, in generale, OSF è un punto di riferimento importante in città e sono fiero di far parte di un’organizzazione che funziona, che va avanti senza aiuti pubblici”.

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