Pubblicato il 29 Giugno 2018 Elisa fa parte di OSF dall’87. Una vita. È arrivata qui perché anche la cugina era volontaria. “All’epoca era tutto diverso: per diventare volontario dovevi fare anche un colloquio con la psicologa e poi tutti facevano tutto. Eravamo circa una trentina e iniziavamo alle 8:30: c’era chi andava con il responsabile ai Mercati Generali per la spesa, chi aiutava la cuoca. Ci mettevamo a lavare chili e chili di insalata o pelavamo montagne di patate. Poi ci staccavamo e andavamo ad aprire le docce. Finito il servizio alle Docce e Guardaroba… ancora in Mensa a servire il pasto. I piatti erano di ceramica e le posate di acciaio, non come adesso. La regola era che chi non finiva il primo non avrebbe avuto il secondo. Ogni giorno in Mensa servivamo a pranzo circa 150 persone. È passato così tanto tempo che non ricordo! Però distribuivamo anche dei sacchetti fino ad arrivare a 300 persone servite. A fine turno, pulivamo i bagni. Tra una cosa e l’altra, stavo lì fino alle 14:30. Mi ricordo che negli anni 90, alle prime nevicate, abbiamo chiesto di prolungare il Servizio Mensa anche alla sera, così abbiamo cercato altri volontari. Potevamo aiutare più persone in questo modo e togliere i poveri dalla strada almeno per un’ora la sera… era una gran cosa. Quando sono arrivata, senza dimora italiani ce n’erano pochi, molti invece erano sudamericani: perché negli anni 80 c’era stata la guerra in Cile e Perù e i cittadini scappavano. Poi molti magrebini, tunisini ed egiziani, e anche persone dall’Equador per via della grave siccità che aveva colpito il paese. Poi è arrivato il momento degli albanesi e abbiamo cominciato ad avere problemi perché manifestavano forme di razzismo contro altri utenti, come i sudamericani. Erano violenti e a volte abbiamo dovuto persino chiudere il servizio. E ancora i rumeni al tempo di Ceausescu e gli ucraini. Tutto il mondo è passato e passa da OSF, da quasi 60 anni. Per tutti i nostri utenti ora siamo 900 e passa volontari, ai tempi, poche decine. È cambiato tutto e niente qui a Milano: credo però che la città sia molto solidale, quella di alcune persone è solo paura, non astio, si spaventano vedendo tanti stranieri. Molti però sono anche i cittadini attenti e generosi, come i nostri benefattori. Adesso nel mio turno in Mensa ci sono 2 giovani quarantenni e sono felice di averle coinvolte anche nelle altre nostre attività. Fare il volontario è una attività molto seria, non pretendo che tutti la “sposino” a pieno come ho fatto io, ma ci vuole coscienza e impegno. Il povero conta su di te, devi esserci perché lui ha fame, tutti i giorni. Posso dire che OSF ti dà tanto, è una scuola e una palestra di vita: sei costretta ad aprire gli occhi sulle realtà che ci circondano. È qualcosa che mi fa star bene e io ci credo profondamente”. Dopo una chiacchierata di 40 minuti chiediamo con il sorriso a Elisa: “Per quanto tempo sarai ancora volontaria di OSF?”. Lei ci risponde: “Ho detto alle “mie” volontarie: se vedete che perdo colpi, ditemelo, per carità! È vero che questa è la mia seconda casa, ma voglio esserci solo finché sarò nel pieno delle forze!”.