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Giovanni Bedeschi in OSF lo conoscono in molti, è il volontario referente del sabato sera alla Mensa di Corso Concordia. È entrato in Opera ormai quasi 12 anni fa, nel 2006.

Giovanni, come hai conosciuto OSF?
Fine anni 80 lavoravo come creativo pubblicitario e la sede dell’agenzia di comunicazione era vicino a Corso Concordia, quindi vedevo le tante persone che aspettavano di entrare in mensa o al Servizio Docce e Guardaroba. Ho iniziato a pensare al perché fossero lì, a quali situazioni potevano averle portate a quella situazione. A quei tempi però lavoravo moltissimo, troppo, e solo dopo molti anni, anche per una serie di situazioni mie e della mia famiglia, ho deciso di mettermi in gioco e di fare del volontariato perché volevo restituire un po’ di ciò che avevo ricevuto. Penso di essere un uomo molto fortunato e volevo mettermi a disposizione degli altri. Così mi sono iscritto sul sito, ho aspettato un anno e mezzo e sono stato poi chiamato per prestare servizio in Mensa. Ho sempre lo stesso turno da allora e raramente manco perché credo che sia importante garantire continuità e mantenere l’impegno.

Come ricordi il primo servizio?
Mi sono messo al servizio di opera e dei poveri. Avevo fatto un sorta di corso con Padre Vittorio che ci aveva spiegato chiaramente quali fossero le regole. Alcune non le capivo fino in fondo ma poi ti rendi conto, con il tempo, che tutto ha un senso. Per esempio uno si chiede perché se un utente desidera un panino in più non glielo puoi dare, poi ragioni e se lo dai a tutti i 1500 che vengono a pranzo, non ne rimane per gli altri.
Ciò che ho capito è che bisogna mettersi solo a disposizione, nella maniera più semplice  possibile, questo serve affinché il servizio di Opera continui al meglio.

Sono cambiate negli anni le persone che vedi in Mensa?

Con Opera ho partecipato al cambiamento della società, ho visto tutte le ondate migratorie. Se in tv assistevamo agli arrivi a Lampedusa, sapevamo poi che nel giro di qualche giorno sarebbero arrivate anche da noi queste persone in cerca di aiuto. Milano è un porto, cercano di arrivare qui dove possiamo assisterli meglio.
Negli anni ho visto aumentare le donne e gli anziani. Ma soprattutto gli italiani, specie in questi ultimi tempi. Ora arrivano anche gruppi famigliari e bambini e quando arrivano i piccoli in Mensa davvero ti si stringe il cuore, ti colpisce.
Siriani, eritrei, a seconda dei periodi qui arrivano tutti. Ma i pensionati italiani, le donne anziane sono aumentati. E un’altra cosa che ho notato è che vedo sempre meno momenti di tensione, di rabbia tra gli utenti.

Da questa tua esperienza è nato “Pane dal cielo”, raccontaci come.
È già 4 anni che lavoro a questo progetto. Negli anni ho conosciuto tante storie, sono anche diventato amico di alcuni utenti e ho tentato di capire sempre meglio cosa ci fosse dietro a queste persone e ho imparato come il confine tra noi e loro, la nostra e la loro situazione, sia sottilissimo. Gli utenti di Opera siamo noi che un giorno possiamo perdere il controllo della nostra vita e cadere senza riuscire a rialzarci.
Quindi volevo raccontare l’uomo, e far capire che chi è in quella situazione, magari sulla strada, è un uomo come noi. Così ho raccontato la mia esperienza a un mio amico, Sergio Rodriguez, e lui è stato capace di far nascere questa storia, questa meravigliosa idea: quella di un bambino ritrovato nel cassonetto dell’immondizia da due senza dimora, non un bambino qualunque però, ma speciale, che non è “visto” da tutti ma solo da chi guarda la realtà e la vita col cuore, con gli occhi del cuore, come diceva San Francesco.
Il film serve per far capire che bisogna guardare l’uomo negli occhi in qualunque situazione esso sia. “Pane dal cielo” inizia sì in modo drammatico ma poi diventa una favola perché il bambino porta la speranza nella vita dei senza dimora.

Cosa ti aspetti dal film?

“Pane dal cielo” è un social movie, cioè un’opera che nasce per sensibilizzare la gente, in questo caso sul mondo degli invisibili. Io mi aspetto che lo veda più gente possibile, e dopo averlo visto che cambi qualcosa. Mi auguro che vedendo una persona in difficoltà per strada, scatti dentro ognuno un sentimento. Chi ha assistito alle proiezioni private di “Pane dal cielo” ne è stato colpito. Si è emozionato, commosso e ha certamente ragionato sul tema. Mi piacerebbe anche per questo motivo far vedere il film nelle scuole.
È stata un’esperienza umana importante anche per chi ha preso parte al film, non solo per gli attori, ma anche per i volontari di Opera, che ringrazio, per alcuni utenti della Mensa e altri senza dimora che ho incontrato e conosciuto in diversi centri a Milano. Mi hanno aiutato anche i frati che hanno messo a disposizione la Mensa e la chiesa. Sono tante le persone a cui devo dire “grazie”.
Sono davvero felice di averlo fatto, di esserci riuscito, questo progetto ha fatto crescere molto anche me stesso. Mi auguro che il film ora faccia un bel percorso. Intanto sarà proiettato al San Fedele per questo festival a tema religioso.  E poi vediamo cosa accadrà. Sky poi ha accettato di trasmetterlo in chiaro prossimamente su Cielo e TV8, quindi sarà possibile vederlo anche in tv.

Ci tengo a dire che è un film in cui uno dei protagonisti è anche la città di Milano, si parte infatti dalla nuova Milano dei giorni di Expo per poi vedere anche il resto, ossia la piazza italiana dove gravita il maggior numero di senza dimora in Italia. Naturale quindi farlo “partire” da qui per la promozione.
L’invito quindi per tutti è quello di recarsi al cinema San Fedele di Milano sabato 10 febbraio alle ore 18 per assistere alla proiezione di “Pane dal cielo”. Buona visione!

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